Morirà prima l’uomo o la macchina?

Era il 13 settembre 2009. New York. Sedevo a uno dei numerosi tavolini tondi di uno dei 158 Starbucks di Manhattan. Come sempre, oltre a gustarmi un delizioso soy milk Vivanno smoothie, approffitavo del momento per collegarmi alla rete e mettermi in contatto con l’Italia.
Sulla posta di Facebook trovai un messaggio da parte di mio fratello: ‘ Vorrei che tu mi cercassi un Wimberley PLAMP (è una sorta di tubo snodabile con due pinze alle estremità): lo puoi trovare da B&HPhoto http://www.bhphotovideo.com/c/product/205330-REG/Wimberley_PP_100_Plamp_Articulating_Arm_.html
Non costa molto, una quarantina di dollaracci… Ciaoooo’
Tra me e me ho pensato che era il minimo che potessi fare a mio fratello, infondo sarei semplicemente dovuta entrare in un semplicissimo negozio di tecnologia fotografica.
Il martedì mattina seguente mi recai tra la 9th avenue e la 34th street. Nonostante il negozio si trovi a pochi isolati dall’Empire State Building, sembrava già di essere in un’altra parte di America. Anzi, in una parte di America e non più a New York. Edifici bassi, molti cantieri, piccoli negozietti. Il sole splendeva, era una bellissima giornata, entrando nel negozio pensai: ‘tra cinque minuti sarò fuori e farò una piacevole camminata lungo la West side Highway’.
Non appena si aprirono le porte automatiche di ‘B&HPhoto’ dovetti rivedere l’intero programma della giornata!
C’erano almeno il doppio delle persone che avevo visto passeggiare negli ultimi giorni a Times Square, o almeno così sembrava. Il negozio era immenso e conteneva solamente materiale tecnico sconosciuto ad almeno il 98% della popolazione mondiale, tra cui io.
La prima cosa che pensai è che avrei sicuramente trovato un modo per cavarmela. Anzi no, la prima cosa che pensai è che volevo uscire e dire a mio fratello che il negozio era stato chiuso. L’amore fraterno vinse. Sollevai il capo: un intricato sistema di semafori, insegne, freccie e immagini cercavano di indicarmi la strada che avrebbe potuto avvicinarmi all’oggetto del desiderio: un tubo snodabile con due pinze…capirai!
Come faccio sempre in caso di momenti di smarrimento, decisi di seguire la folla, e mi ritrovai al piano superiore. Poi feci l’italiana. Fermai il primo ometto dotato di tutina verde con scritta B&H foto e, nonostante si stesse recando a gran velocità nella direzione opposta alla mia, decise di fermarsi ed ascoltarmi. Dopo avergli mostrato la foto del link che avevo nel BlackBerry, mi invitò a mettermi in una fila a serpentina(quelle degli aereoporti, per intenderci)dietro a quelle che, a occhio e croce erano una sessantina di persone. Ed è lì che rividi il programma della mia giornata per la seconda volta. Notai con estremo piacere che vi erano almeno una ventina di sportelli aperti, ognuno con relativo efficiente ‘ometto verde’. Non ebbi nemmeno il tempo di concludere eventuali considerazioni sul perché ci fosse così tanta gente di martedì mattina in un negozio specializzato in articoli fotografici, sul perché a mio fratello servisse quel cavolo di cavetto e sul perché io fossi lì in quella splendida giornata di sole, che mi ritrovai sotto una campana di vetro tramite la quale mi veniva comunicato lo sportello presso al quale mi sarei dovuta recare. ‘Number 14’.
Corro verso la postazione, l’ometto verde mi aspettava con il circostanziale ed abituale sorriso del dipendente americano, tipicamente felice di essere dietro a un bancone e di poter dare a te, si proprio a te, quel magnifico cavetto. Figuriamoci se l’ometto ha anche lavorato due anni a Milano, il sorriso si amplia e tu entri ufficialmente nel suo cuore. Per sempre. O almeno questo è quello che loro ti danno a intendere. Dopo meno di un minuto di attesa, a bordo di una sfavillante scatola, ovviamente verde, era arrivato il mitico! Non appena metto la mano in borsa, l’ometto verde mi consegna un foglietto(ha-ha, la carta serve ancora) e mi comunica che si paga al piano inferiore. ‘Ah ecco’, così era stato troppo facile. Inutile dire che solo scendendo le scale mi venne la nausea, la fila si era triplicata. Un complesso sistema di scatoloni girava sul soffitto su delle rotaie. Non capii se mi sentivo più a Disneyland o nel set di ‘Tempi moderni’. Nel dubbio, tristemente, mi incolonnai.
Successe di nuovo, e così capii…ero sul set di ‘Ritorno al futuro’ poiché l’unica cosa che mi aveva portata ad essere già alle casse non poteva che essere una compressione spazio-temporale. Pagai l’importo comunicatomi da mio fratello, ma questo non mi servì in alcun modo a diventare la reale proprietaria del ‘tubetto arricciato’. UN’ALTRA FILA! Su una lunga rotaia situata un paio di metri sopra le teste dei clienti scorrevano gli svavillanti contenitori che, arrivati a destinazione, si incasellavano all’interno di armadietti numerati, lasciavano la merce e riprendevano il cammino verso casa(il magazzino). Fu così che consegnai un biglietto con su scritto un numero. Nel giro di pochi secondi in mano mia vi era un sacchetto di plastica e al suo interno la mia merce. Controllai, figuriamoci se potevo fidarmi di un macchinario così indipendente. Era tutto giusto, e visto il clima, le operazioni erano andate a buon fine per tutti i clienti attorno a me.
Non ebbi modo di capire subito se tutto ciò che avevo visto mi avesse sorpresa in modo positivo o negativo, ma mi aveva davvero lasciata stupefatta. Da un lato pensai che forse un giorno non saremmo serviti più a niente, noi uomini normali, dall’altro mi portai a casa il sorriso e le due chiacchiere con il commesso. Forse grazie alle tecnologie le posizioni dei dipendenti sembravano arricchite piuttosto che semplificate, forse una gestione umana del meccanismo rende l’ambiente più sereno e vivibile e forse, invece di togliere posti di lavoro, queste tecniche hanno aumentato la qualità del lavoro di lavoratori potenzialmente validi(studiosi di tecnologie e sw) creando nuovi profili meno specializzati per lavoratori meno qualificati(lavoro agli sportelli).
Fatto sta che rividi nuovamente il mio programma, perché come avevo previsto erano passati solo 5 minuti e, con ancora più amore fraterno, iniziai la mia passeggiata…

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