Dopo quella sera lei non riusciva a capire se avesse voglia di richiamarlo o no. Anzi, non riusciva a capire se voleva che lui la richiamasse o no. Lei credeva di no, ma continuava a guardare il telefono. Era voglia di qualcuno o era voglia di lui?
Alcuni giorni dopo, lei guidava, dopo un’intensa giornata di lavoro. Stava rincasando. Era quella l’ora in cui sentiva sempre la voglia di qualcosa di inusuale. Forse perché dopo un giorno routinario era quello il momento in cui qualcosa doveva irrompere e cambiare le cose.
E dopo settimane che nessuno infrangeva quella routine, capì che era il caso che lo facesse lei. Ovviamente lui doveva far parte del dipinto. Si chiese, per un solo secondo, se avrebbe dovuto solo cancellare quel numero per sempre. L’impulsività ebbe il sopravvento e nel giro di due minuti aveva organizzato un’uscita con amici. Con ‘amici’. Con lui e con ‘amici’.
Lui non poteva far parte di quel gruppo, ma lei doveva giustificare la sua incoerenza agli occhi degli altri. Era tanto brava a sputare sentenze sulle vite degli altri, quanto a nascondere le tristi realtà sulle sue scelte.
E siccome quella sera non era una sera come altre, ci mise un’eternità a prepararsi, cambiandosi più volte e cercando, per tutto il giorno, di non pensarci.
Solo giorni dopo si rese conto che alla fine, degli altri, non gliene fregava niente. L’unica persona che voleva convincere era se stessa. E pensava davvero che così ce l’avrebbe fatta. Dall’altro lato però, sapeva che la negazione le avrebbe fatto solo male. Così continuò a spelare quella cipolla, fino a quando le lacrime non sarebbero finite. E la sua dignità si sarebbe consumata.
Non capì mai fino in fondo perché era fatta così. Lei, così emozionale, sperava forse nella razionalità degli altri per trovare risposte. Ma non bisogna mai, mai sperare negli altri.
Allora quella sera scelse l’unica via, che almeno per le prossime ore le avrebbe dato facili risposte. Ma non ci sono soluzioni facili a problemi difficili. O forse in questo caso basterebbe dire che non ci sono soluzioni difficili, a problemi facili o addirittura inesistenti.
Si trovò così, trascinata da qualche bicchiere di troppo, in quel marasma di gente falsamenente sorridente, felice e pronta a mostrare al mondo quanto la propria vita fosse scinitillante. Fu una di quelle per un po’.
E lui era lì, gentleman come sempre, con tutte le attenzioni del caso, ma con quella solità aria di menefreghismo. Quel suo essere arrogante e quasi un po’ maleducato, che probabilmente era ciò che teneva vivo in lei quell’ardente desiderio nei suoi confronti.
Non poteva credere di essere, lei, così diversa, a sua volta coinvolta in quel clichè per cui alle donne piacciono gli stronzi. Ma lo era per davvero e più tempo passava, e peggio le cose andavano, e più lei si rendeva conto di essere la regina di quel detto.
E senza nemmeno rendersene conto, si trovò spalle al bancone del bar, con gli occhi di lui piantati dentro, senza capire cosa stesse succedendo, ma sapendo quale sarebbe potuta essere l’unica fine di una serata iniziata così.
Gli morse il labbro. Sentì il desiderio impossessarsi di lei. Il sesso di lui che iniziava a farsi sentire. Lo spinse, lo provocò, lo allontanò, gli bisbigliò qualcosa all’orecchio e se ne andò.
Il giorno dopo seppe che non aveva voglia di lui. O che non doveva averne.