Humankind – Leo Burnett

Eccolo lì! Il pubblicitario tipico, cosi’ come me lo immagino io quando mi dicono ‘quello fa il pubblicitario’. In media mantiene un abbigliamento classico, attento alla moda nei tagli degli abiti, ma ha almeno due accessori eccentrici, che siano gli occhiali tondi verde acido o le sneakers arancione fluo…aihme’ in Italia, Lapo Elkann docet.
Il collega, in piedi alla sua destra, ha un maglioncino di cotone senza collo, un pantalone a costine di velluto tra il marrone ed il verde militare, una scarpa che non saprei catalogare e una borsa a tracolla Freitag. Non porta gli occhiali.
La donna, che chiaramente lavora per lo studio, e’ fuori e ha in mano il bicchiere e la sigaretta, un tacco di almeno 7 cm e tutto quanto la puo’ figuratamente innalzare al ruolo dell’uomo. Continuo a sostenere che il maschilismo sia nella nostra testa, non posso dire altrettanto del femminismo. Purtroppo.
Lei invece aveva voglia di distinguersi, ma per farlo non poteva mica presentarsi in black and white con una ballerina nera come ho deciso di fare io? NO! Una plissettata gonna blu elettrico la avvolgeva da meta’ polpaccio fino alla vita, racchiudendo al suo interno una ampia maglia di seta arancione.
Poi c’era quella con il classico tubino blu scuro, 12 cm di tacco e solo il pacchetto di sigarette in mano, nemmeno fosse l’ossigeno.
Ma torniamo un po’ all’uomo(fatemi distribuire un po’ dell’acidita’ accumulata all’evento tra tutti gli invitati…e non. Io nn sn stata invitata, nel caso vi fosse sorto il dubbio).
Non mi soffermerei a lungo sul cinquantenne appena ritornato da un safari: camicia hawaiana arancione, gilet, pantaloni khaki e scarpe da trecking. Spero almeno sia un fotografo.
Poi c’e’ lui, poverino, si vede che fa di tutto per sembrare un Leo Burnett man: ha i jeans, un paio di scarpe da barca, la camicia azzurra rigorosamente fuori e la piu classica delle giacche sopra. Capello né lungo né corto e piuttosto spettinato….et dulcis infundo una collanina di legno che arriva dall’ultima vacanza esotica con la fidanzata.
Immancabile lei, non c’entra un cazzo, ultimo modello di calzatura Casadei la cui lunghezza del tacco supera di gran lunga i 12 cm della povera bionda con il tubino blu, e la ‘cortezza’ della gonna….ecco, quella non supera proprio nulla nell’universo, nemmeno la cellula.
Totalmente a suo agio, e quindi mi permetto di dire con estrema facilita’ che giochi in casa’, un gentleman alto e magro che si presenta con un bel completo estivo color champagne, cravatta e scarpa classica. L’unico in tutta la sala.
Sin’ora ha ispirato la mia simpatia solo l’artista, tale Ruggero Rosfer, che ha esibito qualche ritratto realizzato con l’artista cinese Shaoukun: un bell’incontro di culture. Lui sembra un pò impacciato tra tutta questa creme milanese, quando a mio parere, dovrebbe essere l’unico a sentirsi bene, con il suo lavoro ben esposto.
Il ragazzino felpa Abercrombie, Superga bianca, Wayfarer da vista con montatura di tartaruga, jeans Cheap monday e cuffie verde acceso al collo NON LO VOLEVO VEDERE! Né tantomento avrei voluto vedere il 22enne in camicia, cravatta, vestito e valigetta. Sembra il clone bambino del vecchio Douglas in ‘Wall street’.

Insomma, non mi va bene niente: cosa volevo vedere?

Ah, forse non sono stata chiara sin dall’inizio. Io sono arrivata qui, nella sede della Leo Burnett, alle 18 per l’evento Humakind ‘Creativity has the power to transform human behaviour’, una collettiva d’arte per raccontare il libro Humankind, scritto da Tom Bernardin e Mark Tutssel, rispettivamente CEO e COO dell’agenzia.

Sono le 19.32 e qui sembra non stia per iniziare proprio nulla, al massimo una sfilata di egocentrismo.

Andrà a finire che io raggiungerò il mio appuntamento delle 20 senza nemmeno aver sentito il ‘buonasera’ di inizio.

Che nervi.

Ps: e’ appena passata una biondona con un vestito rosso tappezzato di strass oro, mi ha detto di dirvi che ha vinto lei il ‘premio x l’egocentrismo’

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PS: l’evento è poi iniziato alle 19.40, ma contrariamente da quello che avrete pensato, non sono riuscita a parteciparvi. Non tanto perchè non fossi lì fisicamente, ma perchè l’acustica era pessima e il mormorio della gente che si è creato nel giro di una decina di minuti a contribuito ad ammazzare l’evento. Io sono andata via un pò più alterata di quanto non lo fossi già mentre attendevo la presentazione.

E’ normale che un’agenzia pubblicitaria del calibro della Leo Burnett non sia all’altezza di curare la propria immagine in un evento organizzato in casa?

Mi spiace un pò anche per la Settimana della Comunicazione che, avendo ‘cannato’ due eventi su due tra quelli ai quali ho scelto di partecipare, si è giocata la fama e di sicuro almeno la mia partecipazione ad altri incontri.

3 pensieri riguardo “Humankind – Leo Burnett

  1. Ma alla fine di poco…..lì sono tutti eccentrici e ti distingui se cerchi di essere elegante. Tutto il mondo è paese, basta saperlo guardare da diversi punti di vista…

    In tutto questo ci terrei a precisare che la mia ‘critica’ mossa da un pò di invidia nei confronti di chi, a differenza da me, vive e lavora nel mondo della pubblicità.

    Quando mi vedrete con occhiali tondi e scarpe arancio saprete che sono arrivata! 😛

    1. Non l’ho letto come una critica, ma proprio una descrizione di un ambiente e di un modus vivendi che, penso, siano diversi da quelli di Venice. Viverli entrambi può darti l’opportunità di coglierne l’essenza. Questa è la tua fortuna……..

      bè, con quella carota sei sulla buona strada direi 🙂

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