Luoghi di silenzio, luoghi di scoperta.

Che riscoperta!

Le equazioni, seno-coseno-tangente, “1915: l’Italia va in trincea”, “La pittura in veneto nell’Ottocento”. No! Non sono tornata a scuola… anzi!

Ho trovato un luogo di silenzio che non è né una chiesa, né una scuola di yoga (se possiamo ancora definirle luoghi di silenzio :/).

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Sono in BIBLIOTECA. #1993. Mancano solo i post it dentro ai libri che segnano le date di preso e reso, ma tutto il resto è uguale identico! Vi dirò di più: sono l’unica con un computer (e infatti pigio un tasto ogni 15 secondi con il terrore di essere guardata male… come un tempo in via Mantica a Udine, dove facevo parte del gruppo fancazzisti che vanno in aula studio a giocare a carte).

Insomma, udite udite, ma nel 2016 i giovani di oggi non sono tutti a drogarsi o a casa a farsi sfamare dalle mamme o in giro a farsi selfie, come apprendiamo dai fantastici (ironico, n.d.s.) media! Qui la gente mi guarda male perché mi sono presentata senza alcun tipo di carta o penna. Evidenziatore e righello. E io ne sono felice. F*çk the Media!

Cmq la cosa più bella è il silenzio. I libri. La concentrazione. La gente che gesticola nelle poche volte in cui ha bisogno di comunicare. Il linguaggio, corporeo e non, segreto della biblioteca. Le consuetudini. Ora che ci penso, quando mi sono seduta in uno dei pochissimi posti vicino ad una presa della corrente c’era un libro, che ho amorosamente spostato di qualche centimetro. Non è che magari era il modo di tenere il posto occupato? C’è qualcuno che in questo posto mi odia e non solo perché sto pigiando rumorosamente dei tasti?

Sono finita qui perché, la faccio breve, sono senza internet a casa… e questa cosa va avanti da un paio di settimane e ok, lo ammetto, dopo un po’ ne ho bisogno… se non altro per “viaggiare” quando non lo si può fare fisicamente e quando fuori diluvia ininterrottamente. Indi, dove posso andare a lavorare, stare in pace, nel silenzio e magari anche al caldo? Che esistano ancora le biblioteche? Si pagheranno?

No, davvero. Non è cambiato nulla. Sembro una persona arrivata dal futuro a quando in seconda media io, Valentina (oggi mamma), Silvia (che non c’è più) e Erika (in Irlanda) andavamo a fare le ricerche di geografia per il prof.Venturin! Sembra che io di anni ne abbia 50, ma ne sono passati solo una quindicina da quando le telefonate si facevano solo con la Sip e la parola “sms” corrispondeva solo alla versione tarocca di noccioline ricoperte di cioccolato colorato.

Un ultimo pensiero, poi non vi ammorbo più.

Penso che noi, generazione anni 80-90, non abbiamo più la necessità del possesso, anzi, ne siamo slegati. Nello yoga si parla di non-attachment, iniziando dalle basi: i beni materiali. Ecco, guardo i libri… e penso a quanti soldi avrei risparmiato se li avessi presi in prestito anziché acquistarli. Quanto sarebbero più semplici i traslochi senza tutti quegli scatoloni zavorra. Se mi rubassero i miei libri, mi spiacerebbe molto. Magari riuscirei anche, con un po’ di lavoro mentale/emotivo, a darli via. Ma non voglio.

Si, un po’ di attaccamento ai miei libri c’è. Mi piacciono lì sulla libreria. Mi parlano. Se li apro ci sono segni, sottolineature, commenti che mi ricordano come la mia storia si è intrecciata con la loro, come, quando e perché.

Soffro ancora la “perdita” di qualche libro particolare qua e là.

Adesso chiudo il computer e apro il mio libro (“Vegetariana” un romanzo di Han Kang). Chissà se potrò anche essere la persona arrivata dal passato, che va in biblioteca, apre un libro di narrativa. E legge.

Dalla Biblioteca Uberto Pozzoli di Lecco.

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